Le narrazioni della prospettiva artificiale





I metodi di rappresentazione prospettica insegnati oggi si basano su principi e teorie sviluppate all’inizio del Quattrocento nello straordinario ambiente artistico della Firenze del tempo. A due fiorentini, infatti, secondo la tradizione, è attribuita la “scoperta” della prospettiva e la sua successiva divulgazione: l’architetto e scultore Filippo Brunelleschi (1377-1446) e l’architetto, letterato ed esperto di antichità classica, Leon Battista Alberti (1404-1472). Il biografo Antonio Manetti, autore della Vita di Filippo di Ser Brunellesco, scrive che egli “…misse innanzi ed in atto quella che e’ dipintori oggi dicono prospettiva […] nei tempi della sua giovinezza”. Racconta quindi di due ingegnosi esperimenti creati da Brunelleschi per dimostrare i principi della prospettiva, basati su due famose tavolette, poi andate perdute. La prima tavoletta dipinta con l’immagine prospettica frontale del battistero di Firenze aveva un foro, doveva essere guardata dal rovescio con l’occhio applicato proprio su foro, e veniva riflessa su uno specchio tenuto in mano dall’ osservatore stesso. Stando al centro della porta della cattedrale, nel punto esatto dal quale l’artista aveva guardato il battistero dipingendo la tavoletta, si poteva constatare l’incredibile verosimiglianza tra l’immagine dipinta e quella reale. La seconda tavoletta, invece, raffigurante una veduta della Piazza della Signoria, era destinata alla dimostrazione della prospettiva accidentale e veniva guardata normalmente dalla parte diritta: gli edifici dipinti erano ritagliati sul contorno superiore, per cui le loro sagome, che coprivano esattamente gli edifici reali si stagliavano sul cielo vero aumentando l’efficacia della dimostrazione. In realtà ancora oggi nessuno è riuscito a fornire una spiegazione esatta di come funzionassero questi pannelli e soprattutto quale procedimento fosse stato seguito per dipingere le due vedute prospettiche: si può però dedurre che il geniale ser Filippo, che diventerà anni dopo famoso per la grande cupola della cattedrale, aveva capito che per ottenere una veduta coerente con l’immagine reale captata dall’occhio umano era necessario stabilire un punto di vista fisso: infatti solo da quel punto prefissato l’osservatore poteva constatare la “coincidenza” tra immagine e realtà.
Fonte :http://online.scuola.zanichelli.it/rmo/files/2011/05/prospettiva.pdf

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